Il governo dei teorici e lo spread

Un conto è la teoria, altro conto è la pratica.
I ministri e le ministre del nuovo governo voluto dal presidente della repubblica, dal partito dell’attuale maggioranza che lo sostiene, dal più grande partito dell’ex opposizione, e da vere e proprie leggere (leggasi: poco di buono) quali Casini e Fini, avevano fatto i conti senza l’oste.
I maestrini della terza repubblica, con le loro bacchette, con le quali hanno voluto bacchettare la vasta e pericolosa casta dei pensionati italiani per risolvere il problema della grave crisi italiana, europea, nonchè mondiale, forse stanno capendo che passare la vita a dire agli altri quello che è giusto o non giusto fare, alla fine è solo frutto di pura sperimentazione teorica.
La pratica, infatti, è un’altra cosa.
La pratica è quella cosa, non da poco, dovuta all’esperienza nel farle le cose, e non nel teorizzarle.
Infatti il divario tra i titoli italiani e quelli tedeschi, cosiddetto “spread” – il dio a cui i professori ci fanno sottomettere – non si è neppure accorto del cambiamento del governo italiano e della manovra che questi signori hanno voluto e fatto approvare.
I professori, i banchieri, le maestrine che piangono lacrime di coccodrillo, adesso sono sorpresi che la loro ricetta di bastonate alla gente paia non funzionare come avevano teorizzato con aria di sussiego dalle loro cattedre di cartone.
Non hanno ancora capito che non si dà credibilità a un Paese togliendo ai meno abbienti e conservando le caste, anzi, questa è la ricetta che tutti i prepotenti del mondo hanno sempre cercato di propinare al popolo, fin dai tempi dei faraoni.
Niente di nuovo, quindi, sotto il sole, dal governo dei teorici… Anzi!
IL CRONISTA

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7 Risposte a “Il governo dei teorici e lo spread”

  1. Lei ha ragione; siamo nelle mani di un governo formato da presuntuosi e nominato da incapaci.

    Ora inizia la “fase 2″… aiuto!

  2. Ci dirano che la colpa è dello spread che non capisce l’italiano.

    .

    ma. Napolitano non poteva andarsene ahí/hay/ay giardineti a giocare a dama su qualche panchina anzichè darsi ad una seconda giovineza? (che poi la prima non è stata neanche ‘sto gran chè.)

    http://www.storialibera.it/epoca_contemporanea/comunismo_nel_mondo/est_europa/ungheria_1956/articolo.php?id=732

    Bisogna però riconoscergli la coerenza: la democrazia non ha mai saputo neanche dove está di casa.

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