In Germania i lavoratori sono un valore


Questo risponde una docente di economia aziendale italiana che insegna a Francoforte, alla domanda della giornalista.
La domanda era: “Perchè in Germania i lavoratori guadagnano di più che in Italia?”.
La docente risponde che il fatto è dovuto alla considerazione di cui godono i dipendenti delle aziende in quel Paese, e anche dal fatto che le aziende sono cogestite dagli industriali e dai sindacati. Oltre a considerare anche che si investe molto in ricerca.
Un Italiano intervistato ha riferito che un suo amico, appena assunto alla Wolkswagen, tre anni fa, percepiva duemiladuecento euro netti al mese, e sempre la docente di economia riferisce che le aziende ricevono delle sovvenzioni dallo stato, ma dietro la promessa di non licenziare dipendenti, altrimenti niente sovvenzioni.
E in Germania, si investe sul lavoratore, considerando la formazione che ha ricevuto un valore, appunto, da non disperdere.
In Germania la Wolkswagen che ha incorporato in sè altre industrie automobilistiche, tipo la Skoda e altre marche, viaggia verso il raggiungimento di ottomilioni di vetture vendute all’anno nel mondo.
In Italia il reuccio delle automobili che vuole rivoluzionare il mondo tornando ad un rapporto tra lavoratori e industriali simile a quello dell’Ottocento, non si sogna neppure di poter minimamente avvicinare quei numeri.
L’economista finisce anche col dire che in Germania nessuno si sognerebbe mai di togliere o diminuire i tempi delle pause caffè o quello che siano. Al contrario si tende a fare si che il lavoratore si trovi sempre meglio nel suo posto di lavoro. Questo, tra l’altro, non lo fanno per eccessiva generosità, ma al contrario perchè il lavoratore, meglio è trattato, più produce.
La differenza con l’Italia è notevole, come si può ben vedere.
In Italia Marchionne, la Marcegaglia, la fornero, la Cancellieri, Monti, Berlusconi, Fini, Casini, Bersani e Camusso con la triplice, pensano ai lavoratori come all’ultimo anello della catena sociale.
Un po’ come “negri” nelle piantagioni di cotone.
IL CRONISTA

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