FILAMENTI E CAMPI (L’altro capo dell’esistenza)
Quarta di copertina
Ero arrivato in quella spiaggia come un neutrino che attraversa il cosmo in una lunga scorribanda senza frontiere, scaraventato da chissà dove, ma ci stavo bene, ed era come fossi stato lì da tempo immemore. Era la mia condizione naturale. Magari appena un attimo prima ero stato un vecchio pensionato che si era spento.
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Quarta di copertina
Mia mamma in realtà parlava italiano, a volte sfog-giava anche un leggero accento piemontese, per darsi del-le arie da perfetta continentale, ma quando eravamo in compagnia, in famiglia, tornava a parlare in siciliano ed allora era come se si ritrovasse nel centro del suo palco-scenico ideale. Era uno spettacolo culturale vederla rac-contare le sue storie di quando era bambina, in Sicilia, nel suo paese. Io restavo ammirato ad ascoltarla anche per ore. Anche perché da quelle storie, in quel dialetto, ve-devo venir fuori le mie origini, la sua storia. Al di là della storia ufficiale, che era una storia molto mode- sta, da non potersene vantare. Avevo conosciuto solo altri due personaggi che mi avevano affascinato così nei loro rac-conti: un contastorie, il Maestro Mimmo Cuticchio, visto una sera in un teatro della periferia di Genova, e Dario Fo, altro grande Maestro dell’affabulazione, che con sorpresa mi ero ritrovato seduto al mio fianco quando si accesero le luci del teatro; an- che lui era venuto a vedere il Maestro dei contastorie, che par-lava di Orlando e di Angelica e faceva diventare tutto vero.
Solo mia madre, l’affabulatrice, come a me piaceva chiamarla, poteva rendermi piacevoli alcuni fatti della no-stra vita, della mia infanzia.