Lettera aperta a Roberto Vecchioni
Caro Roberto, non credo che tu ti ricordi di me, o forse sì. Sono passati tanti anni da quando venni a trovarti e ci conoscemmo. Ho letto che sei contento della popolarità e il successo che hai in questo momento; popolarità che pensi sia dovuta alla tua presenza nei media, al tuo ultimo tour, al tuo ultimo libro… stupendo, peraltro, come ho già avuto modo di esternare in qualche mio post precedente. Aggiungi però che avresti preferito che questo fosse avvenuto una ventina di anni fa. Probabilmente a causa della tua età… posso immaginare…
Ma lascia che ti dica come la penso io a questo proposito. Questa tua popolarità, questo successo raggiunto è più che meritato e lo sappiamo tutti noi che ti amiamo da sempre. Ma il successo che avevi quarant’anni fa, quando cantavi Luci a San Siro, La leggenda di Olaf, L’ultimo spettacolo, Parigi, non era da meno di questo successo. A quei tempi uno sfigato conduttore radiofonico di una radio privata di una cittadina della riviera ligure (io, nella fattispecie), ogni giorno, all’ora di pranzo, tutti i giorni, rompeva l’anima agli ascoltatori con le tue canzoni, con quelle di Fabrizio, di Ivano, di Luigi, di Paolo…
A quei tempi – davanti al Liceo Beccaria – ti dissi: “Roberto, tu lo sai che hai “un ascolto” diverso da quello di tutti gli altri?” Tu mi rispondesti: “Anche voi a Genova avete un altro che non scherza…”, era sottinteso, ti riferivi a De André, naturalmente. Tu e noi lo sapevamo già quello che eri e cosa rappresentavi, già allora.
Sono contento che tutti oggi ti abbiano scoperto e ti conoscono… e ti apprezzano… e ti tributino questo grande successo. Ma lasciami dire, credo di essere un po’ geloso di quel successo, quello che avevi quarant’anni fa. Quello che mi faceva sognare e inventare il modo per potere venire a conoscerti.
Con affetto 💕
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