Quando vai a vedere le stelle

gaetano rizza
gaetano rizza, autore libri

L’altra sera siamo andati sul monte che sovrasta la città, il Righi, per vedere le stelle cadenti. Abbiamo cercato un luogo senza luci per poterle scorgere meglio, ci facevamo luce soltanto coi telefonini. Sapevo che oltre alle stelle avremmo potuto vedere anche i cinghiali. Il timore di essere attaccato da un branco di cinghiali – in genere una mamma in cerca di cibo che protegge i suoi figlioletti – al buio, non era molto rilassante. Quello che mi aveva incoraggiato era che oltre alle luci dei nostri telefonini se ne intravedevano altre non distanti da noi, e anche la spericolatezza delle mie compagne di avventura, mia moglie e la nostra ragazza. Fatto sta che loro hanno trovato una panchina e un tavolo e, nonostante si fosse allo scuro ci si sono stese sopra per vedere meglio il cielo stellato. Avevamo anche una app che ci indicava il nome delle stelle del firmamento e pure i segni zodiacali, oltre alle galassie. Loro con l’espediente della panchina e relativa posizione orizzontale qualche stella cadente l’hanno intravista anche se molto fugacemente, ma è naturale, le stelle cadenti sono così. Io no. Ma un cinghialotto è arrivato e l’ho visto anch’io. Non ha provocato panico, no, solo una certa attenzione e precauzione che ci hanno consigliato di tornare verso l’auto parcheggiata non lontano, mettere in moto e tornarcene a casa nostra.

Nella strada del rientro abbiamo dovuto imboccare una strada in discesa stretta, per chi conosce Genova, via Cesare Cabella; abbastanza lunga, tortuosa, col rischio di urtare qualche auto posteggiata ai due lati della strada. In quella strada lì, lo sappiamo, il rischio di capitare dietro al camion della nettezza urbana è più di una probabilità, quasi una certezza, a una certa ora notturna. Io ci sono capitato, un po’ me lo aspettavo anche. Era perfetto, d’ordinanza, le luci, il rumore del motore. I due spazzini dietro sul predellino pronti a scendere ai prossimi bidoni. Ma, un attimo! Erano due che avevano la divisa estiva da spazzino (o netturbino o come si chiamino oggi), ma erano donne. Pratiche come degli uomini, forse anche un po’ di più, sbrigative nelle loro operazioni. Quasi belle da vedersi. Anzi, belle da vedersi, perché pensavo che magari una delle due o tutt’e due, avevano a casa un bimbo lasciato alla mamma o alla suocera o al marito. Magari erano separate, o single. Insomma comunque dovevano pensare a portare a casa uno stipendio per non dipendere da nessuno… E non gli importava niente di non essere un magistrato, una commercialista, una commessa in un grande magazzino o in una piccola bottega. Erano fiere di fare quel lavoro, veloci, erano belle… Pensavo a questo mentre aspettavo tra una fermata del camion e l’altro che raccogliessero l’immondizia. Pensavo anche che qualche altro automobilista meno paziente di me e maleducato si sarebbe anche messo a suonare il clacson o a smadonnare; ma non sarebbe cambiato niente. Invece ammiravo la loro fierezza di donne. Probabilmente, visto che ero molto paziente e mi ero mantenuto sempre a una certa distanza non invasiva per il loro lavoro (ma non è un pregio in certe circostanze, è un dovere) l’autista a un certo punto ha fatto manovra per accostare il suo camion, in quella strada, ripeto, stretta, per farci passare. Ho apprezzato molto la gentilezza immaginando che brutta vita fosse quella dell’autista che sa che per forza di cose nelle strade strette c’è qualche automobilista dietro che sbraita. Sono passato delicatamente mentre facevo un cenno di saluto e di ringraziamento a tutta l’equipe di quel camion, e con me anche le mie due compagne di viaggio. Mi ha fatto piacere quando hanno risposto agitando la mano in segno di saluto e anche sorridendoci…

A volte basta poco per vedere le stelle, no?

Gaetano Rizza

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