Tema: Descrivi le sensazioni che ti dà Genova

Genova secondo Gaetano Rizza
Genova

Ultimamente sul web gira un bel video nel quale il professor Roberto Vecchioni (mio idolo nel cantaurato e nella letteratura, meno idolo sul suo progressismo a prescindere), che ho voluto conoscere di persona tanti anni fa, spiega il vero profondo significato della parola “Amicizia”. Cerco di riassumerlo alla bell’e meglio in poche parole. Il video è tratto dalla trasmissione “Le Parole” condotta dal giornalista Gramellini al quale anche a lui rimprovero un certo progressismo a prescindere, comunque sia. Altresì di questo giornalista non approvo il suo temino finale da il più bravo della classe, quello che sta sempre nella lavagna dei buoni. Anche io da ragazzino scrivevo i temini buoni e mi indicavano tra i buoni, anche la signora maestra mi diceva “Bravo! Sette più”, poi malauguratamente sono cresciuto.

Ebbene il professor Vecchioni da ottimo insegnante di lettere antiche ai tempi del Liceo Beccaria (luogo in cui l’avevo incontrato) ha spiegato da par suo – come quando scrive le sue canzoni – il significato, come dicevo, della parola “Amicizia”. Vi consiglio di cercarlo nel web, vale veramente la pena. Come ascoltare una sua canzone, uguale.

Amicizia, dal greco “Filìa” (che poi è stata associata anche a bruttissime cose, delle quali lui, nell’essenzialità del suo discorso, non ha parlato, e non ne parleremo neanche noi). Ed è qualcosa di unico. Un amico è un altro te stesso, senza calcoli, non vuoi, non puoi pretendere niente in cambio. Solamente capirsi e donarsi. Un qualcosa di cui non si può fare a meno. Un amico, nel senso vero del termine, è qualcuno che non avresti potuto non incontrare. L’immagine che ha proposto era quella bellissima foto dell’abbraccio tra Mancini e Vialli. Quella gioia, quel bene che voleva dire tante cose, quella commozione, quella soddisfazione, quel successo comune, voluto, cercato. Quel sentirsi un’unica cosa.

Vabbè, mi scuserete, io non ho la capacità di scrivere e di spiegare che ha il professor Vecchioni, ma spero di aver reso abbastanza bene l’idea, insomma vi dovete accontentare…

Ma alla fine ho voluto collegare questa parola, così bene descritta, anche all’amore che si ha nei confronti della propria città. Per esempio mio nonno negli anni Venti del secolo scorso, ha seminato le mie radici a Genova. Prima in via Oberto Cancelliere, dove insieme ad altri quattro fratelli è nato mio padre, poi in via Caffaro, sempre lì a due passi. In via Caffaro io sento le mie radici, da sempre, anche se mio padre per via delle sue svariate attività mi ha fatto nascere a Camogli. La casa patriarcale è sempre stata in via Caffaro. E’ sempre stata il punto di riferimento della famiglia. Ci ho abitato, da piccolo, da ragazzo, da giovanotto. Ho abitato sempre lì, anche in via Bruzza, scalinata Lercari, ma era sempre via Caffaro. Fino ai venticinque anni. Poi più. Ho avuto sempre una certa soggezione a tornare a vederla. A tornare a vedere la porta della bottega del nonno, quel grande e secolare albero a metà della via, il bar in cui ci incontravamo con gli amici, la parrocchia della Maddalena, appena giù nei primi vicoli. Paura dei bei ricordi, belli e di una spensieratezza ingenua, incosciente forse, e forse anche già un po’ preoccupata.

Vivo sempre a Genova, la trovo bella, la trovo amica, la trovo madre, la trovo, appunto origine.

Come dice Vecchioni a proposito dell’amico vero, non si sarebbe potuto non incontrarlo, perché si è fatti uno per l’altro. Così io penso per la mia città. Non potevo avere origine in un’altra città. La mia città doveva, per forza, essere, Genova.

P.s.

Un ringraziamento a Paolo Conte che ha saputo descriverla così bene, vista da un piemontese, e un ringraziamento anche al nostro mitico genovese che l’ha descritta e cantata, invece, dall’interno, perché lui era Genova stessa: Fabrizio De André.

Grazie di cuore.

Gaetano Rizza

(Dal Gruppo Facebook “Genova la Superba“)

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